A4 *Edilizia ed urbanistica – Mutamento di destinazione e di uso – Fattispecie
- Sulla scorta di un unico motivo le società appellanti hanno contestato la sussistenza, nel caso di specie, di un mutamento di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante, tenuto conto che l'immobile in questione, assentito dall'amministrazione comunale con una destinazione a "magazzino", viene effettivamente utilizzato come magazzino, restando irrilevante la circostanza che il magazzino sia a servizio di un'attività di commercio all'ingrosso, peraltro svolta in altra sede, anziché a servizio di un'attività artigianale. Secondo le società ricorrenti, la destinazione "a magazzino" sarebbe funzionalmente "autonoma" e "indifferente e/o insensibile rispetto alla destinazione d'uso dei locali a servizio dei quali viene di fatto utilizzato", richiamando a sostegno di tale assunto la sentenza del Consiglio di Stato n. 4355/2012.
Le appellanti, in particolare, hanno sostenuto che il discrimen tra la destinazione industriale e quella commerciale è data dall’accesso al pubblico, unico elemento determinante ai fini dell’incremento dell’impatto urbanistico, che assume rilievo quando genera un afflusso indistinto, non anche quando l’accesso è limitato ai soli trasportatori.
5.1. Le censure non sono meritevoli di accoglimento.
5.2. Il Collegio, al riguardo, richiamando i principi giurisprudenziali consolidatisi nella materia, intende premettere che:
- a) ai sensi dell' art. 23-ter, d.P.R. n. 380 del 2001, inserito dall' art. 17, comma 1, lett. n), d.l. n. 133 del 2014, il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante è quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e che influisce, di conseguenza, sul c.d. carico urbanistico poiché la semplificazione delle attività edilizie voluta dal legislatore non si è spinta al punto di rendere tra loro omogenee tutte le categorie funzionali, le quali rimangono non assimilabili, a conferma della scelta già operata con il d.m. n. 1444 del 1968;
- b) l'aumento del carico urbanistico non si verifica solo in caso di modifica della destinazione funzionale dell'immobile, ma anche nel caso in cui, come nella fattispecie, sebbene la destinazione non venga mutata, le opere si prestino a rendere la struttura un polo di attrazione per un maggior numero di persone con conseguente necessità di più intenso utilizzo delle urbanizzazioni esistenti.
5.3. In ordine alla specifica questione oggetto della controversia, il Collegio, in primo luogo, ritiene che, ai fini della determinazione dell'importo del contributo di urbanizzazione dovuto per la realizzazione di un magazzino, non può non esser attribuita rilevanza alla destinazione funzionale ad esso impressa e, in particolare, alla destinazione degli ulteriori immobili con i quali il primo si pone in collegamento strutturale e quindi in posizione servente. Il medesimo magazzino, pertanto, non può determinare identico carico urbanistico laddove sia utilizzato per servire un immobile ad uso industriale ovvero sia funzionale all’esercizio di attività commerciale.
5.3.1. Il Collegio, peraltro, ritiene di doversi distaccare da quelle isolate pronunce che, ai fini della determinazione del carico urbanistico connesso ad un immobile e, pertanto, della destinazione d’uso di esso, hanno tentato di distinguere l’ipotesi in cui l’accesso sia generalizzato da quello in cui venga limitato esclusivamente ad una specifica categoria di utenti. Con riferimento al deposito di merci, infatti, si è ritenuto rilevante, ai fini dell’aumento del carico urbanistico, il solo caso dell’accesso di pubblico per l'acquisto di beni all'ingrosso e al dettaglio, non anche la diversa ipotesi in cui l’afflusso sia limitato ai trasportatori, circostanza che porterebbe, secondo questa tesi, a considerare l’immobile come magazzino di stoccaggio, ossia quale luogo finale del processo produttivo (Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2016, n. 263; id., sez. V, 9 febbraio 2001, n. 583).
Ad avviso del Collegio, tale linea ermeneutica, invero, farebbe ricadere sull’amministrazione un gravoso onere probatorio e presupporrebbe, a monte, un continuativo controllo pubblico degli accessi all’immobile, in concreto non esigibile.
5.3.2. Per converso, in adesione alla giurisprudenza prevalente già citata nella pronuncia impugnata (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2001, n. 6411), il Collegio ritiene che, ai fini della individuazione del mutamento di destinazione d’uso che causerebbe, in ragione del passaggio ad una diversa categoria funzionale, l’aumento del contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione e costo di costruzione), non possa prescindersi dalla valutazione dell’utilizzo in concreto dell’immobile e, nel caso in cui questo svolga una funzione servente per un diverso immobile, della natura e della destinazione d’uso di quest’ultimo.
Il medesimo magazzino può determinare, pertanto, un differente carico urbanistico se è funzionale all’esercizio di attività produttiva, venendo utilizzato per la gestione di materiali derivanti da un fabbricato industriale, ovvero se è strumentale all’esercizio di attività commerciale, fungendo da deposito di prodotti finiti pronti per essere immessi nel mercato.
In quest’ultima ipotesi, invero, la gestione del magazzino si inserisce, come fase autonoma, nel ciclo della commercializzazione, svolgendo esso un ruolo di intermediazione commerciale, in quanto, mediante il deposito, viene di fatto regolato il flusso ed il deflusso delle scorte.
In tale ottica, la realizzazione del decentramento di una fase, quale quella della gestione dei magazzini dei prodotti finiti prima della loro immissione nella rete di vendita, presso un diverso immobile, piuttosto che esercitare la stessa all’interno del medesimo fabbricato in cui viene svolta l’attività di commercio all’ingrosso, non assume alcuna rilevanza ai fini della ponderazione dei relativi carichi urbanistici. Ciò, a fortiori, se, come nel caso di specie, i due immobili sono di proprietà della medesima società, ponendosi pertanto le due fasi all'interno del ciclo industriale di un unico soggetto.
Invero, la circolazione delle merci prodotte crea carichi urbanistici diversi da quelli collegabili alla produzione delle stesse nell'ambito ed all'interno della stessa struttura, con immediate ricadute sulla destinazione d'uso dell’immobile.
5.4. In conclusione, questo Collegio, conformemente a quanto espresso dal giudice di primo grado, ritiene che, alla luce della funzionalizzazione del magazzino all’attività commerciale, nella fattispecie in esame si sia verificato un mutamento di destinazione d’uso da “artigianale” a “commerciale”, assumendo a tal fine valore determinante i seguenti elementi di fatto emersi nel corso del giudizio:
- a) il rapido cambio di intestazione dell’immobile, testimoniato dalla circostanza che, neanche sei mesi dopo il rilascio del permesso n. 69 del 20 settembre 2010, l’immobile, con atto notarile del 4 marzo 2011, veniva ceduto dalla Tre Colli s.p.a. alla UBI Leasing s.p.a., che, a sua volta, lo concedeva in locazione finanziaria alla Saturn Sviluppo Immobiliare s.r.l., la quale, a sua volta, in data 19 maggio 2011 concedeva l’immobile in locazione (“ad uso magazzino per materiale vario finalizzato a complemento di arredi per la casa e suppellettili”) alla Mercury s.r.l. (cfr. documentazione in atti, in particolare, la lettera della Tre Colli s.p.a. del 26 novembre 2012);
- b) il mutamento di destinazione d’uso, dato dal fatto che la Mercury s.r.l. destinava il nuovo capannone a servizio della propria attività di commercio all’ingrosso, in tal modo distogliendolo dalla originaria destinazione artigianale (deposito di materiale ceramico), alla quale fa riferimento il permesso di costruire n. 69/2010 (“edificio a destinazione artigianale da adibire a magazzino per materiale ceramico nel comparto “C” del P.E.C., in area industriale “12” lotto “C.I.A.”), nonché il rogito notarile del 4 marzo 2011 (che descrive lo stesso come “fabbricato a destinazione artigianale da adibire a magazzino per materiale ceramico”);
- c) lo svolgimento di attività commerciale all’ingrosso da parte della Mercury s.r.l., come risultante nell’oggetto sociale dalla visura camerale in atti del 21 giugno 2012.
- In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
- La novità della questione sottesa alla controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese del grado di giudizio.
Consiglio di Stato, IV – sentenza del 13.11.2018 n. 6388
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