C1 *Obbligazioni e contratti – Commerciale – Intermediazione finanziaria, obblighi informativi e riparto dell’onere della prova

Nel primo motivo viene dedotta la nullità della sentenza impugnata per difetto di legittimazione passiva della parte appellata in quanto non risulta provato il conferimento di ramo di azienda da Banca Sella S.P.A a Banca Sella Holding S.P.A.
La censura è infondata dal momento che, come riferito nel controricorso, l’annuncio ufficiale del conferimento d’azienda bancaria, come previsto dall’art. 58 del d.lgs n. 385 del 1993 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 14 gennaio 2006, come documentato ex art. 369 cod. proc. civ. sulla scorta di quanto già prodotto nei gradi precedenti (vedi pag. 23 controricorso). In ordine a tale documentazione la parte ricorrente nella memoria nulla contesta di specifico.
Nel secondo motivo viene contestata la qualificazione giuridica dell’atto negoziale datato 14/7/99 (riportato a pag. 15 del ricorso) come istruzione vincolante invece che come effettivo nuovo contratto di gestione portafoglio titoli, deducendo la violazione dell’art. 24 del d.lgs n. 58 del 1998.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 21 del T.U.F. e degli artt. 26, 27, 28, 29 e 45 del Reg. Consob n. 11522 del 1998 in ordine alla ritenuta superfluità dell’adempimento agli obblighi informativi specifici relativi ai prodotti finanziari formanti oggetto della linea di gestione contenuta nel contratto 14/7/99.
Le due censure, da trattare congiuntamente, in quanto logicamente connesse, sono fondate.
In ordine alla qualificazione giuridica del predetto contratto 14/7/99, come "istruzione vincolante", si richiama il recente arresto di questa Corte (Cass.10713 del 2017) in fattispecie del tutto sovrapponibile sia in ordine alla tipologia di contratto, sia in ordine ai prodotti finanziari, sia, infine, ancorché parzialmente (la banca Sella), in ordine alle parti in causa. Nella pronuncia viene del tutto condivisibilmente affermato che le istruzioni vincolanti non possono ravvisarsi quando si modifica radicalmente la linea di gestione per l’intero portafoglio ma esclusivamente quando si rimanga all’interno delle caratteristiche della gestione così come individuate nell’apposito contratto. Le istruzioni in oggetto devono pertanto essere conformi al programma negoziale preesistente, dando luogo altrimenti, se la linea di gestione nuova sovverte la preesistente, ad un contratto sostitutivo che soggiace alle norme inderogabili sull’ambito ed il contenuto degli obblighi informativi a carico dell’intermediario. Nella specie è la stessa sentenza impugnata ad indicare che la linea di gestione è nuova, ed "in deroga" alla preesistente tanto da escludere i limiti agli investimenti in precedenza previsti da ritenere nulli, oltre a riguardare la totalità del patrimonio gestito dal portafoglio.
Una così radicale divergenza dall’assetto negoziale preesistente deve essere assistita dagli obblighi informativi precontrattuali ed endonegoziali previsti dal d.lgs n. 58 del 1998 e dal Regolamento Consob n. 11522 del 1998 ratione temporis applicabile.
È errata e del tutto contrastante con l’orientamento di questa Corte, l’affermazione secondo la quale non sussistono nella specie tali obblighi anche in considerazione del profilo di rischio, peraltro solo genericamente affermato in sentenza, del cliente, senza tenere in alcuna considerazione l’indice derivante dalla natura e dalle caratteristiche in concreto del programma di gestione preesistente, costituente un indicatore effettivo e significativo del grado di rischiosità accettata dall’investitore.
Del pari errata alla luce degli artt. 28, 30, 37, 38 del reg. Consob n. 11522 del 1998 è l’affermazione secondo la quale gli obblighi informativi riguardano solo i contratti di negoziazione e non anche le gestioni di portafogli. In fase precontrattuale l’art. 28 impone gli obblighi d’informazione specifica sia all’una che all’altra categoria. In fase contrattuale l’art. 37 potenzia il contenuto informativo del contratto e gli obblighi a carico dell’intermediario così come riconosciuto da questa Corte con orientamento consolidato. È stato affermato al riguardo che nei contratti aventi ad oggetto la gestione di portafogli di valori mobiliari, gli obblighi di comportamento a carico dell’intermediario prevedono anche l’indicazione per ciascuna linea di gestione patrimoniale della preventiva indicazione del grado di rischio di ciascuna gestione (Cass. 8089 del 2016) anche con riferimento ad un parametro oggettivo (cd. benchmark) (Cass.24 del 2017).
Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 27 del T.U.F. in relazione alla disciplina dell’onere della prova riguardante l’accertamento del conflitto d’interessi.
La censura è fondata. Nella sentenza impugnata a pag. 13 risulta un’allegazione specifica da parte dell’appellante in ordine all’appartenenza della (…) denominata "(omissis) " alla banca appellata mediante indicazioni provenienti da informazioni reperibili in siti Internet.
La ripartizione dell’onere della prova tra intermediario ed investitore in ordine all’adempimento degli obblighi cogenti endocontrattuali, così come elencati nell’art. 21, si applica anche alla contestazione relativa al conflitto d’interessi, in quanto espressamente contenuto tra gli obblighi sopraindicati alla lettera c) dell’art. 21.
Risulta, pertanto, idonea a far scattare l’obbligo di prova contraria a carico dell’intermediario, un’allegazione specifica fondata sia sull’indicatore direttamente desumibile dalla denominazione dell’investimento sia da altri elementi indiziari, riconosciuti in sentenza ma ritenuti insufficienti. L’art. 23, sesto comma, del T.U.F. oltre a cristallizzare sotto il profilo dell’onus probandi, l’asimmetria contrattuale esistente tra intermediario ed investitore, costituisce un’applicazione del principio di prossimità della prova che permea il regime probatorio dei rapporti giuridici caratterizzati dall’alto contenuto scientifico o tecnico di una delle prestazioni costituenti il sinallagma negoziale. Non spetta, di conseguenza, all’investitore, la prova rigorosa dell’intreccio economico patrimoniale e della sequenza sulla base della quale, solo all’esito di un rigoroso esame di atti, quali scritture contabili e atti negoziali riservati, è possibile effettivamente ricostruire la relazione che avvince l’intermediario con il prodotto finanziario oggetto della gestione patrimoniale. Nella specie, l’intermediario, sulla base dell’allegazione specifica sopra illustrata è tenuto a fornire la prova dell’insussistenza del conflitto d’interesse.
In conclusione deve essere rigettato il primo motivo ed accolti gli altri. Alla cassazione della sentenza impugnata segue il rinvio alla Corte d’Appello di Torino anche in ordine alle spese del presente giudizio perché applichi i seguenti principi di diritto:
a) nell’ambito del rapporto contrattuale di gestione del portafoglio, non rientra nella nozione normativa d’istruzione vincolante l’ordine di acquisto che comporti una modifica radicale della linea d’investimento stabilita nel programma negoziale preesistente, dovendosi in tale ipotesi applicare le regole imperative relative all’assolvimento degli obblighi informativi così come prescritto dall’art. 21 del d.lgs n. 58 del 1998 e dagli artt. 26, 27, 28, 29 e 45 del Reg. Consob n. 11522 del 1998;
b) La ripartizione dell’onere della prova stabilita nell’art. 23 del d.lgs n. 58 del 1998 si applica anche all’accertamento della violazione dell’obbligo endocontrattuale relativo alla sussistenza del conflitto d’interessi, essendo sufficiente all’investitore di fornire allegazione specifica della denunciata situazione.
Corte di Cassazione, I, ordinanza del 20.03.2018, n. 6973