C6 *Professioni – Avvocato agli arresti domiciliari e possibilità di ricevere collaboratori di studio
1.Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati.
2.Correttamente il Tribunale del riesame ha ritenuto, in presenza dell’impugnazione proposta dal pubblico ministero avvero l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari aveva sostituito la misura degli arresti domiciliari con la misura interdittiva, concreto e attuale l’interesse dell’accusa alla impugnazione dell’ordinanza con la quale erano stata autorizzata in via permanente, all’indagato ristretto in regime di arresti domiciliari, la possibilità di ricevere, tutti i giorni, un collega del comune studio professionale per l’esame delle pratiche di ufficio.
L’ampiezza del provvedimento di autorizzazione, non collegato ad un singolo evento o necessità ma permanente e prolungato, ben consente di inquadrarlo tra quelle ordinanze in materia di misure cautelari personali che si riverberano in misura apprezzabile sul regime della misura e, pertanto, impugnabili ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.. Tali ordinanze sono impugnabili, secondo il regime previsto dal Capo VI, libro IV, non solo quando incidono sul tasso di afflittività della misura, come questa Corte ha affermato in relazione al diniego allo svolgimento dell’attività lavorativa di cui all’art. 284, comma 3 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 4, n. 11406 del 23/02/2016, Mancini, Rv. 266303), ma anche quando, come nel caso in esame, consistendo nella rimozione di vincoli inerenti o apposti alla misura cautelare applicata, ne comportano la modifica strutturale, con effetti sul contenuto del regime detentivo, in funzione di effettività della tutela delle esigenze cautelari, nel caso di specie non contestata.
3.E tanto vale a ravvisare, nella concreta dinamica dell’azione cautelare in esame, anche la ritenuta sussistenza di un interesse concreto e attuale del pubblico ministero a proporre impugnazione avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che aveva autorizzato le visite in presenza di impugnazione dell’ordinanza con la quale erano stati sostituiti gli arresti domiciliari con la misura interdittiva, sol che si rifletta che, in caso di accoglimento di tale ultima impugnazione, la misura degli arresti domiciliari sarebbe stata ripristinata non tal quale prevista nel titolo genetico ma secondo il regime via via modellato per effetto dei provvedimenti adottati nel corso della sua esecuzione e che avevano inciso sul suo contenuto in via permanente e strutturale. Anche se non immediato, sussisteva, dunque, l’interesse del pubblico ministero a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui contestava la correttezza e a conseguire un’utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso.
- Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, in favore della cassa delle ammende, della somma indicata in dispositivo. La cancelleria eseguirà le comunicazioni di rito.
Corte di Cassazione, VI, sentenza del 03.12.2018, n. 54071
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