P1 *Omicidio tentato e attenuante della provocazione – Fattispecie

- Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Inammissibile è il primo motivo di impugnazione.
Con lo stesso la difesa, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, invita ad una rivalutazione di elementi fattuali non consentita in questa sede, peraltro adducendo elementi, come la qualità di destrorso dell’imputato, in alcun modo documentati (per i quali, quindi, il ricorso non è autosufficiente), e in ogni caso per nulla decisivi.
Invero, la Corte evidenzia: a) la potenzialità lesiva dell’arma utilizzata, seppure non rinvenuta, quale deducibile senza dubbio dall’entità della ferita, potenzialmente mortale, b) la repentinità del colpo inferto da R. a M. , quale evincibile dalle dichiarazioni dei testimoni oculari (B.C. e T.A. , rispettivamente amico e madre della persona offesa), che non consente di ritenere fondato l’assunto difensivo secondo cui la direzione in una parte del corpo di certo vitale non era voluta, ma determinata dal movimento dei corpi dei contendenti, c) il collegamento tra unisussistenza della condotta criminosa e intervento della madre della persona offesa, che impediva la reiterazione dei colpi. La Corte esclude, pertanto, che possa parlarsi di desistenza volontaria e di legittima difesa. Quanto a quest’ultimo profilo, rileva il Collegio di secondo grado che la reazione del R. , avvenuta quando la colluttazione con M. si era conclusa, non trovava più alcuna offesa ingiusta attuale da cui difendersi, ma diventava essa stessa offesa, con ogni evidenza non scriminabile, difettando, altresì, il requisito della proporzionalità, tra lesioni cagionate a mani nude e lesione potenzialmente mortale cagionata con arma tagliente. La Corte territoriale sottolinea come la summenzionata scriminante non sia ravvisabile neppure nella forma putativa o dell’eccesso colposo, essendosi comunque l’azione di M. conclusa all’atto dell’aggressione di R. e, quindi, non essendovi una situazione antecedente che, sebbene mal rappresentata o fraintesa da parte di R. , abbia fatto insorgere in lui il convincimento di doversi difendere dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta.
A fronte di argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, come quelle appena riportate, è evidente che il tornare sul fatto che M. si sia divincolato all’atto del ferimento, sulla scelta di R. di interrompere la reiterazione dei colpi, sul lato del collo oggetto di ferimento, ovvero sulla minore forza impressa nell’unico colpo sferrato, significa invocare una rivisitazione degli elementi fattuali e non confrontarsi con le suddette argomentazioni (incorrendo anche nell’aspecificità).
1.2. Il secondo motivo di impugnazione è inammissibile, in quanto altrettanto aspecifico oltre che in fatto.
La Corte di secondo grado, invero, con riferimento all’attenuante della provocazione, rileva come i testimoni oculari non abbiano fatto alcun riferimento all’antefatto narrato in udienza da R. , ossia alla precedente spericolata condotta di guida di M. , così che non si configurerebbe il prioritario requisito del "fatto ingiusto altrui", che comunque sarebbe in mero rapporto di occasionalità con la condotta successiva di R. e non di causalità psicologica.
Dette argomentazioni vanno collegate a quelle del primo Giudice, il quale rileva che "se è vero, infatti, che la condotta di R. è successiva alla violenta colluttazione avuta col M. , è altresì vero che la colluttazione stessa ha trovato origine nell’ingiuria rivolta dal R. al M. ".
Orbene, nel caso in esame, per come evidenziato in particolare dal primo Giudice, vi è un crescendo di aggressioni reciproche e non si capisce da dove siano iniziate e perché. Già il motivo di appello, che faceva perno sull’aggressione fisica di M. , non si confronta con la sentenza di primo grado. E, a maggior ragione, quello in esame, che si limita a ripercorrerlo, insistendo su una rivisitazione di elementi fattuali a fronte di argomentazioni che li approfondiscono e ne traggono logiche conclusioni.
1.3. Infondato è, infine, il terzo motivo di impugnazione. Invero, la sentenza in esame premette all’individuazione della pena base e della riduzione per le circostanze attenuanti generiche, il riferimento agli indici tutti di cui all’art. 133 cod. pen., così spiegando - in particolare riallacciandosi al resto della motivazione della sentenza impugnata e alla motivazione di primo grado, facenti leva sulla gravità del fatto per cui si procede - per quale motivo la valorizzazione del comportamento di resipiscenza manifestato dall’imputato con il risarcimento del danno, giustificativo della concessione di tali circostanze, non possa essere valorizzato oltre la misura stabilita.
- Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, I, sentenza del 05.11.2018, n. 49956
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